Comune di Colonnella

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Cultura a Colonnella "Antichi palazzi costruiti su un'alta collina,
un intreccio di viuzze e scalinate,
diverse piazzette caratteristiche,
un panorama incantevole, unico,
l'aria salubre, fresca,
questa e' Colonnella."

Ennio Flaiano

La storia


Nel territorio di Colonnella sorgeva anticamente la città liburnica di Truentum, che alcuni studiosi collocano sull’attuale Colle della Civita. Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, parla di Truentum come dell’ultima roccaforte dei Liburni in Italia. Molti sono i reperti archeologici presenti nel territorio di Colonnella e riferiti al periodo romano, tra essi le antiche cisterne romane.

Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente e con le invasioni barbariche Truentum subì lo smantellamento del porto e la distruzione della città. Le popolazioni si rifugiarono sulle colline circostanti all’antica città. Nacque allora Colonnella.

Nel “Cronicon Farfense” del 936-962, troviamo due citazioni: “Curtem S. Maria Colunnellae” e “Curtem de Colunnella”. Alla fine del 900, Colonnella apparteneva al Ducato di Spoleto. I Normanni, che si erano stabiliti in Puglia e in Sicilia, iniziarono la loro penetrazione a Nord, furono fermati sul Tronto dal Papa Gregorio VII, nel 1078 con la minaccia della scomunica. Per questo Colonnella passò al Regno di Napoli, subendo le sorti degli Angioini e degli Aragonesi.

Nel 1273 l’Abruzzo fu diviso in due province: Citra e Ultra flumen Piscaria. Nel 1282, Carlo I d’Angiò emanò un capitolare in cui si designavano i punti strategici e i passi ai confini del Regno e vi iscrisse Colonnella e Torre a Tronto. Colonnella venne designato “Capitolo” ovvero “Posto fisso di dogana”.

Nel 1385 il Re di Napoli, Carlo III, vendette Colonnella ad Ascoli. Nel 1535, Carlo V, per ribellione commessa dagli Ascolani, concesse la terra di Colonnella a Benedetto Rosales, per un compenso di 200 ducati. Nel 1602, Colonnella fu acquistata da Andrea Matteo Acquaviva, duca di Atri e principe di Caserta; nel 1640 fu venduta a Diana di Capua. Sempre aggregata al Regno di Napoli, Colonnella ne seguì il destino ed ebbe la sua importanza come centro militare avanzato.

Alla fine del ‘700 a Napoli comparirono i primi patrioti, aperti alle idee della Rivoluzione francese. Dal 18 giugno 1796 vennero fortificati i confini del Regno per resistere all’avanzata delle truppe francesi, specialmente presso il fiume Tronto. I francesi occuparono poi Colonnella e il territorio circostante. Nel dicembre del 1796 scoppiò fulminea, a Colonnella, la rivolta contro i Francesi; venne distrutto il ponte sul Tronto, organizzata la guerriglia, tese imboscate, presi e seviziati i soldati francesi. Ma con l’arrivo della colonna francese del generale Planta, Colonnella venne riassoggettata e terribilmente saccheggiata, fu incendiato il municipio, e distrutti tutti gli atti e le scritture pubbliche. La presenza francese venne contrastata dai briganti con alla guida dei fratelli Ciammarichella avevano costituito un gruppo di rivoltosi detto gli “insorgenti”. Essi agivano quali sostenitori del Re Ferdinando IV contro i “Francesi giacobini”. Gli “insorgenti” irruppero a Colonnella e la saccheggiarono. Dopo alterne vicende fu ristabilito l’ordine e furono sgominati i rivoltosi. I pochi superstiti ripararono nei paesi vicini e sulle montagne.
Tra i molti briganti che operavano nel territorio di Colonnella ricordiamo:
Sante Sgaliffa, Pietro Cesarini, Francesco Di Giuseppe, Giuseppe e Vincenzo Paolucci, Emidio Pecoraro, Ventura Piccioni, Giacomo e Giovanni Pistoferri, Claudio, Lorenzo e Vincenzo Di Saverio, Gioacchino Silimperi.
Tra le bande si ricordano quello dello Sciabolone, del Piceno, la banda dei fratelli Ciammarichella e la banda di Nicomì, già garzone dei Ciammarichella.

Il Congresso di Vienna riconsegnò a Ferdinando IV il suo territorio che si chiamò “Regno delle Due Sicilie” e il Re prese il nome di Ferdinando I. Anche Colonnella, analogamente agli altri comuni a sud del Tronto, era compresa nel Regno delle due Sicilie. Alla fine degli anni ‘50 il Regno delle due Sicilie si avviava alla sua fine, per opera dei patrioti, delle rivolte popolari e per lo sbarco di Garibaldi in Sicilia e la conseguente conquista di Napoli, avvenuta l’8 settembre 1860. Il plebiscito del 21 ottobre 1860, che proponeva “o il ritorno dei Borboni sul Tronto o l’annessione al Regno d’Italia” si concluse per la provincia di Teramo a favore della seconda alternativa con 15.113 “si” e soli 165 “no”.

Nel 1862 la popolazione di Colonnella era di 3.809 abitanti. Il Comune nel 1862 cominciò ad affrontare i problemi urgenti come la costruzione di un ponte stabile sul fiume Tronto in sostituzione del “ponte a battelli”. Si curò l’istruzione pubblica, la realizzazione di strade per Controguerra, Martinsicuro e Tortoreto e si cominciò ad affrontare il problema del rifornimento di acqua potabile. Risulta dagli atti comunali che nel 1867 venne demolita la vecchia chiesa di San Leopardo, sita il Largo Palazzo, e i servizi religiosi vennero svolti nella nuova chiesa dei Ss. Cipriano e Giustina.

Nel 1873 venne affrontato il problema dell’illuminazione pubblica. Nel 1896 vi fu “un periodo doloroso per la nostra salubre e ridente contrada, cioè l’invasione colerica”. Nel 1900 l’impianto di illuminazione pubblica a petrolio venne trasformato in impianto ad acetilene. L’artefice dell’assetto urbanistico di Colonnella fu il Sindaco Massimo Cincolà. Con l’avvento del fascismo un podestà molto attivo fu Francesco Franchi che realizzò numerose opere pubbliche. Nel 1936 venne inaugurato il monumento ai caduti in piazza Garibaldi e nel 1938 la nuova scuola elementare in entrambi i casi con la partecipazione di S.e. Pietro Badoglio, Maresciallo d’Italia e Duca di Addis Abeba.

Nelle elezioni comunali del 1946 conquistarono il potere le sinistre. Negli anni successivi la contrapposizione tra la frazione di Martinsicuro e il capoluogo si accentuò, la rivalità tra i due centri era sempre esistita, ma quando il numero degli abitanti di Martinsicuro superò quello del capoluogo sembrò che la situazione potesse degenerare. Per un certo periodo la maggioranza consiliare del Comune fu detenuta dai rappresentanti della frazione. Sembrò evidente che anche il nome del Comune potesse cambiare. La popolazione del capoluogo si mobilitò e, attenendosi alle leggi in vigore, chiese la divisione territoriale che ottenne nel 1963; Martinsicuro e Villa Rosa vennero staccate da Colonnella per formare il Comune di Martinsicuro. Da allora la vita di Colonnella non ha più subito “sussulti” e procede tranquilla come quella di tanti altri piccoli paesi di provincia.

I Sindaci che da allora hanno guidato il paese sono stati nell’ordine: Guido Iustini, Rivo Bianchini, Ugo Crescenzi, Vincenzo Cichetti, Augusto Di Stanislao, Marco Iustini e Leandro Pollastrelli che è attualmente in carica.

Monumenti


Il Centro storico, dominato dalla Chiesa e dalla Torre dell'orologio, e' ricco di numerose piazzette e strette vie, dette in dialetto "rue". La chiesa dei santi Cipriano e Giustina, opera di Pietro e Giacinto Maggi e il Palazzo Municipale risalgono alla prima metà dell'800.
Nella chiesa si conservano: la statua lignea della Madonna del Suffragio e un prezioso Organo del 1833, di notevole valore artistico e storico, di Quirino e Gaetano Gennari di Lanciano. Domina il paese la Torre dell'Orologio. Troviamo inoltre: il monumento ai Caduti del 1936, la Fonte Vecchia e la Fonte Ottone e le antiche cisterne romane: Ricci, Cincola' e Romana. Gli antichi palazzi: Volpi, Marzi e Pardi.

La scalinata
All’inizio del ‘900, si è aggiunto un importante elemento all’architettura del paese: la lunga e caratteristica scalinata.
Essa unisce via Roma con Piazza del Popolo ed è divenuta l’emblema del paese. La parte superiore della scala venne realizzata nel 1923 su progetto dell’Ing. Lino De Cecco, il lato sud fino all’inizio di via Roma venne costruito negli anni 1932 e 1933.

La Chiesa dei Santi Cipriano e Giustina
La Chiesa si affaccia su Piazza del Popolo ed è visibile, con il suo alto campanile, da qualsiasi direzione si acceda al paese.
E’ stata costruita dal 1795 al 1815, ad opera dell’Architetto Pietro Maggi e del figlio Giacinto. La Chiesa è realizzata in laterizio ed è caratterizzata nella facciata dalle possenti paraste che sostengono un’altrettanto robusta trabeazione. Sopra il portone principale si apre un finestrone con leggera cornice.
Il campanile è composto, nella parte centrale, da paraste binate e da aperture ad arco a tutto sesto. Sulla sua sommità si erge una piccola cupola ottagonale sormontata da una croce. All’interno la Chiesa, entro apposite nicchie, sono conservate le statue di San Biagio, della Madonna del Suffragio, di San Antonio, di San Vincenzo Ferreri, di San Giuseppe e di San Michele Arcangelo.
Dietro l’altare, costruito nel 1946, è posto un antico coro ligneo, restaurato, sormontato da una grande tela che rappresenta i Santi Cipriano e Giustina.
Nella chiesa si conserva un prezioso organo, realizzato nel 1833 da Quirino Gennari di Lanciano e dal figlio Gaetano. L’organo è stato poi restaurato da Felice e Carlo Burroni di Osimo.
Rilevante anche la statua lignea della Madonna del Suffragio conservata in un’apposita nicchia. La pregevole statua lignea scolpita, dorata e dipinta raffigura la Madonna con il Bambino e costituisce senz’altro un momento di presenza artistica napoletana a Colonnella.

La Torre dell’orologio
Non si conosce con certezza la data di costruzione della torre dell’orologio, che insieme alla Chiesa e la sua torre caratterizza il profilo di Colonnella. Nel 1837 venne commissionata la costruzione di un nuovo orologio e nel 1868 fu risolto un annoso problema, quello del suono debole delle campane che scandivano le ore del giorno. Approfittando che in quell’anno furono rifuse le campane del campanile della Chiesa, si decise di rifondere anche le due dell’orologio e si costruì una nuova campana più grande e dal suono più forte. Come seconda campana fu utilizzata quella della chiesa di San Leopardo che non ne aveva più bisogno in quanto quest’ultima chiesa, ubicata in Largo Palazzo, era stata demolita nel 1867.
Una nuova apparecchiatura per l’orologio della torre civica venne acquistata nel 1875. La torre è stata restaurata nel 1964 e nel 1970 dopo quasi un secolo di funzionamento, e numerose riparazioni, si decise di sostituire la macchina dell’orologio che funzionava a peso con una macchina elettrica.
L’antica macchina è comunque conservata ancora nel vano alto della torre.

Il Monumento ai Caduti
Il Monumento ai Caduti è posto al centro di piazza Garibaldi. La struttura principale venne progettato dall’Ing. Emidio Fiore di Teramo, mentre il gruppo bronzeo che lo sovrasta venne ideato dallo scultore Antonio Mazzotta. L’opera fu inaugurata l’8 dicembre 1936 dal Maresciallo Pietro Badoglio.

La Fonte Vecchia
Dai tratti architettonici e da alcune parti delle murature esistenti, è da supporre che l’origine della “Fonte vecchia”, situata in contrada Giardino, sia da ricondursi al periodo romano. Tale ipotesi viene avvalorata in quanto nell’area circostante, in passato, affioravano resti di un insediamento di epoca romana. La fonte è stata ristrutturata più volte in epoche diverse, con utilizzo di materiali a seconda delle epoche di intervento ed è dotata di un lungo cunicolo sorgivo che si inoltra nel cuore della collina per circa venti metri.

Fonte Ottone
E’ situata in contrada San Martino, lungo l’omonimo fosso. Anche questa fonte è di origine antichissima, sempre da ricondursi all’epoca romana. Infatti conserva ancora oggi l’antica toponomastica dedicata ad Ottone, imperatore romano d’oriente del periodo bizantino.

Le cisterne di epoca romana
La Cisterna Cincolà si trova sul colle Pianaccio in contrada San Martino.
Affiora per 1,70 metri dal terreno. E’ larga metri 5,90 e lunga metri 6,50. Due fori circolari sul piano superiore, del diametro di 80 cm, permettono di accedere all’interno, che è diviso in due vani rettangolari.
La volta è a botte. La cisterna è conservata in ottimo stato e fino ad alcuni anni fa veniva utilizzata per accumulo di acqua per uso irriguo.
La Cisterna Ricci, di proprietà della famiglia Ricci, si trova in contrada Vibrata, nei pressi di villa Ricci, poco distante dalla statale 259. E’ completamente interrata. Un irregolare foro sulla parte est permette l’accesso nel vano (metri 4 per 3).

Le Case di terra
Il patrimonio di case di terra che Colonnella possiede è indubbiamente pregevole. Nel territorio comunale è oggi possibile rintracciarne circa 20. Alcune di queste sono conservate in modo dignitoso ed in un paio di casi sono ancora utilizzate come abitazione.
Le case di terra vengono chiamate “pencire”. Con questo termine si indicano a Colonnella case costruite in terra cruda.
Per la loro costruzione si scavavano le fondamenta che venivano riempite con la terra impastata con paglia, con la “cama” e con un po’ d’acqua per renderla più morbida. Si aspettava poi che questa divenisse consistente man mano che si asciugava e si preparava l’impasto, formato da terra, argilla, paglia e sassolini, per innalzare i muri esterni e i divisori. Il tutto veniva energicamente lavorato con acqua. Infine si formavano dei blocchi ai quali si dava parvenza di regolarità tagliandoli con una tagliafieno. La “pencire” era generalmente ad un solo piano, formata da una camera da letto, una cucina, molto spesso anche da uno “stallitte”. Se sopravveniva la necessità di un’altra stanza, si aggiungeva una nuova costruzione, ecco perchè si possono vedere “pencire” che si estendono in lunghezza. Poteva avere il forno in una parete esterna, in modo da poter panificare autonomamente.

Le Tradizioni


Festa dei Manoppi
Numerose feste si svolgono nel corso dell'anno, una delle piu' antiche e' la festa "dei manoppi" che si svolge la seconda domenica di luglio. Fin dal sabato si onora la Madonna Ss.ma dei Suffragio.
Al nome religioso della festa viene aggiunto quello laico dei "manoppi". Quasi sicuramente la ragione e' che le offerte dei cittadini per realizzare la festa non erano in denaro ma in natura, cioe' in grano, proprio perche' la festa cadeva al termine della trebbiatura.
Ancora oggi il momento principale e' la processione della statua della Madonna che ha luogo a mezzogiorno della domenica.
Anticamente e fino alla fine degli anni 50 oltre alla processione si svolgevano "le carrate", una sfilata di carri agricoli addobbati con covoni di grano e trainati da buoi anch'essi ornati con nastri e campanelli.
I carri erano in totale 5 o 6 ed erano realizzati dai proprietari terrieri piu' grandi di Colonnella, come i Volpi, i Barnabei, i Catenacci, i Crescenzi, i Flaiani. La realizzazione pratica era però dei contadini che dipendevano dalle varie famiglie.
Per costruire "le carrate" occorreva scegliere in modo appropriato le spighe del grano e disporle poi sui carri. La realizzazione di una "carrata poteva durare anche otto giorni. Molto spesso, sul carro, veniva riprodotta, con le spighe, la statua della Madonna. Il giorno della festa i carri trainati dai buoi entravano in paese e raggiungevano la piazza in attesa della processione.
Al termine della sfilata c'erano riconoscimenti e premi per le piu' belle e le piu' "pesanti" "carrate", cioe' quelle che contenevano piu' grano.


La Festa di Sant’Antonio
I Colonnellesi sono sempre stati molto devoti a Sant’Antonio.
Questo particolare affetto per il Santo era in parte interessato. Infatti Sant’Antonio era il protettore degli animali e di tutti gli addetti alla stalla e qualche anno fa, a Colonnella, tutti erano occupati in agricoltura e quindi tutti avevano a che fare con gli animali e il loro protettore.
Il Santo si festeggia il 17 gennaio. La sera precedente si usa accendere, all’aperto, dei grandi falò detti in dialetto “li fochere”.
Ecco uno dei canti della tradizione del Sant’Antonio.
Buona sera miei signori
Diamo a voi il nostro augurio.
Apprestatevi a far dono
per omaggio a Sant’Antonio.
Evviva Sant’Antonio,
nostro caro gran Santo,
che i miracoli ogni momento
ha sparso per tutto il mondo.
Evviva Sant’Antonio,
noi ringraziamo ognora.
Evviva Sant’Antonio,
perchè tu sei il protettor.
Evviva Sant’Antonio,
nostro caro gran Santo
che i miracoli ogni momento
ha sparso per tutto il mondo.
Evviva Sant’Antonio,
noi ringraziamo ognora.
Evviva Sant’Antonio,
arrivederci l’anno che vien.
 
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